Farmaci antipsicotici nei pazienti con schizofrenia cronica: una scelta basata sull’efficacia e sulla tollerabilità


La schizofrenia è una disabilità cronica della funzione mentale e sociale, con sovrapposizione di episodi psicotici.
Oltre alle allucinazioni e ai deliri, i pazienti con schizofrenia presentano: isolamento sociale, perdita del senso del piacere, incapacità a prendere decisioni e scarsa cura di sé.

Tutto questo rende difficile misurare l’efficacia di un trattamento.
L’aderenza alla terapia è inoltre scarsa.

L’Olanzapina ( Zyprexa ), che sembra essere più efficace rispetto agli altri farmaci antipsicotici, è tuttavia associata a gravi effetti metabolici.

Il trattamento con Clozapina ( Clozaril, Leponex ), che negli anni 70 ha migliorato la terapia della schizofrenia per la sua assenza, o basso rischio, di disturbi tardivi del movimento rispetto ai precedenti neurolettici, è limitato dai potenziali gravi effetti tossici del farmaco, tra cui l’agranulocitosi.

I più nuovi antipsicotici, Risperidone ( Risperdal ) e Quetiapina ( Seroquel ) hanno mostrato un’ efficacia paragonabile a quella dei più vecchi antipsicotici, con una bassa o nulla incidenza di effetti extrapiramidali.

Lo studio CATIE ( Clinical Antipsychotic Trials of Interventention Effectiveness ) ha confermato questi dati:

“La Perfenazina, un vecchio antipsicotico, sembra avere un’efficacia simile a quella della Quietapina, Risperidone e Ziprasidone.

L’Olanzapina è risultata associata ad un maggior aumento del peso corporeo e ad importanti effetti metabolici.

Una maggiore incidenza di effetti extrapiramidali è stata osservata con la Perfenazina”.( Xagena_2005 )

Fonte: The New England Journal of Medicine 2005



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